COORDINAMENTO DELLE SOCIETA’ DI MUTUO SOCCORSO DELLA
SARDEGNA
CENTRO PER LA RICERCA E LO STUDIO DELLE SOCIETA’ DI MUTUO SOCCORSO SARDE

 

 

Tratto dalla pubblicazione

 “La Società di Mutuo Soccorso tra passato e presente”

(Cecilia Ferrai)

 

 Il mutuo soccorso nell’attuale contesto europeo:

stato dell’arte e prospettive di sviluppo

Fiorella Ghilardotti

(Fiorella Ghilardotti nel 2002  era membro della Commissione Affari Sociali del Parlamento Europeo)

 

Quali sono i problemi e soprattutto quali sono le prospettive di promozione e di sviluppo del sistema mutualistico in senso lato?

Per rispondere a questa domanda è importate collocare il dibattito nel contesto europeo, partendo dallo stato dell’arte attuale.

Da una quindicina d’anni a livello europeo ci si pone questo problema e sono state intraprese una serie di iniziative.

Vorrei partire da un dato, dall’impegno importante che il Consiglio europeo ha assunto a Lisbona nello scorso Marzo proprio perché lì si è raggiunto un punto discriminante. A Lisbona i Capi di Stato e di Governo hanno individuato – per la prima volta dopo 10-15 anni di politiche restrittive di risanamento dei bilanci (in vista dell’obbiettivo che ci si era dati con Maastricht), una comune ed ambiziosa finalità: diventare entro il 2010 l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.

Questo è un obiettivo strategico che impegna l’Europa ad una crescita sostenibile ma competitiva nei confronti degli altri sistemi mondiali, basata sulla conoscenza. Si tratta quindi di un grande investimento in risorse umane con l’obiettivo del raggiungimento della piena occupazione, non solo dal punto di vista quantitativo ma anche qualitativo.  Nuovi e migliori posti di lavoro nel contesto dello Stato sociale giusto ed efficiente.

Questo ci dice che la scelta del Consiglio dei Capi di stato e di Governo è quella di modificare, rafforzare, aggiornare e rendere attuale il modello sociale europeo. Mantenere come un punto di riferimento e come valore fondamentale il modello sociale europeo è una scelta di campo che non lascia dubbi; il modello giapponese, il modello americano, il modelli del sud est asiatico, non sono i nostri modelli di riferimento.

Noi dobbiamo salvaguardare ciò che di positivo è stato fatto nel secolo scorso aggiornandolo e rendendolo attuale; questo è il nostro punto di riferimento e con questo si dovranno confrontare tutti i Governi, compreso quello italiano.

Il trattato di Nizza mantiene la competenza agli Stati membri in tema di politica economica, politica dell’occupazione e politica della convergenza di queste politiche affinché  tutti si vada nella stessa direzione, perché questo diventi un valore aggiunto rispetto a ciò che può fare da solo ogni Stato membro.

La convergenza delle politiche occupazionali è iniziata nel 1997 con la strategia europea dell’occupazione che ha cominciato a dare una serie di frutti, lo vediamo nel nostro paese, ma anche in tutti i paesi dell’UE. Un coordinamento volontaristico produce dei comportamenti virtuosi da parte dei singoli Stati membri. La Commissione e il Consiglio fanno una valutazione annuale, in maniera dettagliata, dell’efficacia delle scelte delle politiche che ciascun Stato membro mette in campo. Si tratta, in pratica, di una pagella rispetto alla quale gli Stati membri vengono promossi.

La proposta di Lisbona, con la richiesta di definire un’Agenda Sociale Europea, poi approvata a Nizza, è quella di applicare anche alla politica sociale un coordinamento aperto per mettere in atto una convergenza europea anche sul tema della politica sociale. A Lisbona è stato reso esplicito che la politica economica, quella dell’occupazione e la politica sociale sono un triangolo equilatero rispetto al quale occorre mettere in atto degli strumenti di convergenza.

Il Consiglio di Lisbona ha fatto questa scelta, ha chiesto alla Commissione di fare delle proposte sulle quali il Parlamento è intervenuto con emendamenti migliorativi; il Consiglio ha quindi adottato l’Agenda Sociale Europea. Non abbiamo purtroppo in questa sede il tempo per esaminare nel dettaglio i contenuti.

Il coordinamento per la convergenza delle politiche sociali, che trova la propria base a Lisbona, ha come obiettivo di contribuire al rafforzamento e all’ammodernamento del modello Sociale Europeo, e di trasformare l’Europa nell’economia basata sulla conoscenza più competitiva del mondo. Rispetto a questo fine, un punto di riferimento è il sistema di protezione sociale, inteso come un modello sociale specifico che mira ad un elevato livello di solidarietà , considerata la sua vocazione a coprire l’insieme della popolazione, data l’essenza di proporzionalità tra i contributi, o l’imposta prevalente per il suo finanziamento, e data la vulnerabilità individuale.

Si tratta di una definizione ampia di protezione sociale, che ha per obiettivo finale l’inclusione sociale, dopo gli effetti di esclusione che si sono prodotti in questi anni. Si tratta di affermare diritti che le singole Costituzioni si sono date e che sono stati confermati dalla Carta dei diritti fondamentali approvata dall’UE: il diritto alla salute, a un livello di benessere sociale, il principio dell’uguaglianza e il diritto alle pari opportunità per tutti i soggetti.

Oggi gli stati membri, nella loro autonomia, incontrano problemi comuni che giustificano un dibattito e un orientamento a livello europeo.

Le tendenze sono generalizzate. Le cause sono molte e possiamo brevissimamente ricordarne alcune:

-         Una ragione economica, che consiste in 25 anni di crescita debole che ha causato disoccupazione, esclusione sociale e riduzione della capacità contributiva;

-         Una ragione demografica, l’invecchiamento della popolazione; è un fenomeno presente in tutti i paesi, anche se noi siamo tra i paesi che ne risentono maggiormente dato il basso tasso di natalità;

-         Una ragione sociale, legata anche all’invecchiamento della popolazione. Vi sono nuove patologie che prima non si conoscevano; anche se uno sviluppo tecnologico positivo consente di affrontare queste patologie, gli Stati membri si trovano ad affrontare un aumento di costi considerevole. Lo sviluppo di nuove terapie è indispensabile per curare vecchie e nuove malattie. I progressi della ricerca sono causa di aumento dei costi complessivi del sistema; si crea quindi un problema di disponibilità economica limitata, dovuta alla debolezza della crescita.

Se vogliamo rimanere fedeli all’impegno preso a Lisbona, che è stato confermato nel vertice di Stoccolma del 23-24 Marzo 2001, il sistema della mutualità in Europa, che concerne oggi il sistema sanitario, potrebbe essere esteso anche alla previdenza e sicurezza sociale intesa come pensioni.

Soffermiamoci sul sistema sanitario, che riveste un cospicuo valore per la mutualità nei paesi europei. Sappiamo che in Europa esiste una eterogeneità di regimi sanitari e di protezione sociale. In tutti i paesi europei, però, i trend più rilevanti sono quelli che ricordavo prima: la ragioni economiche, demografiche, sociali e tecnologiche pongono tutti i paesi di fronte a elementi di competizione tra sistemi, anche all’interno dei singoli paesi, per promuovere efficienza e contenimento dei costi.

L’introduzione e il rafforzamento degli accordi contrattuali fra soggetti che offrono servizi, e lo sviluppo delle assicurazioni private, determinano una responsabilità individuale del paziente consumatore. Si crea un sistema di partecipazione ai costi, di maggiore autonomia di gestione e di negoziazione da parte del prestatore di cure, ovvero gli ospedali.

Rispetto al problema sanitario c’è un ruolo dei poteri pubblici che è rilevante in quanto occorre fissare le regole economiche riguardanti l’equità del sistema e, soprattutto, garantire l’universalità del servizio, il diritto per tutti i cittadini a pari opportunità rispetto a queste prestazioni. Soffermiamoci sul ruolo delle organizzazione mutualistiche. Un dato che ritengo significativo è che le organizzazioni mutualistiche offrono protezione sociale a oltre 120 milioni di persone nelle UE. Questo è già un dato consistente dal punto di vista economico, con un ruolo vitale nel sistema economico sociale. Ad esempio in Francia e in Belgio la mutualità ha un ruolo centrale, fondamentale, così come nei Paesi Bassi e nel Regni Unito.

In Italia, Spagna e Portogallo, oltre alla esistenza delle società di mutuo soccorso, c’è una ripresa del dibattito. Anche nella Lega delle Cooperative in alcuni casi si sono sperimentate forme di fondi di mutualità integrativa per le assicurazioni sanitarie.

Il settore mutualistico è quindi uno dei principali datori di lavoro in Europa con una forza lavoro in crescita.

In Germania e nel Paesi Bassi le organizzazioni mutualistiche hanno un ruolo estremamente importante anche nella gestione dei sistemi nazionali di assicurazione sanitaria, praticamente sostitutivo degli interventi diretti dello Stato. In Francia e in Belgio le mutualità offrono assicurazioni sociali complementari anche consistenti. In Spagna, il Regno Unito e in Danimarca offrono sistemi di assicurazione sanitaria alternativi o duplicativi.  In ogni modo il principio comune delle organizzazioni mutualistiche è quello della qualità del rapporto costo-servizio, attribuendo la massima importanza all’interesse dei pazienti.

I criteri sono solidaristici, cioè nessuna esclusione e nessuna selezione; questa è la discriminante fra il sistema mutualistico e le assicurazioni private. Non esclusione, non selezione, autogoverno e autonomia dallo Stato, sia pure con vincoli che derivano dalle legislazioni nazioni, e dal naufragio di organismi pubblici e no-profit, sono le caratteristiche delle mutue.

Il Parlamento Europeo ha sollecitato la Commissione ad intervenire con strumenti legislativi che consentano ai sistemi e alle forme mutualistiche di reggere sul mercato. In questi anni si è verificato un altro fenomeno: con la libera circolazione delle merci e delle persone e con le direttive sulla concorrenza, la definizione legislativa a livello europeo pone sullo stesso piano, dal punto di vista della concorrenza, le forme mutualistiche con le assicurazioni private.

In Francia questo rappresenta uno dei problemi maggiori; le mutualità si confrontano in maniera diretta con le assicurazioni private. Ciò crea un problema sostanziale se noi teniamo conto degli elementi comuni e caratteristici dei sistemi mutualistici, primi fra tutti la non esclusione e la non selezione, che pone il sistema mutualistico su un piano di debolezza rispetto alle assicurazioni private,  le quali possono scegliere di accettare o non accettare un assicurato sulla base dei rischi.

Se partiamo dal presupposto che il sistema mutualistico è un sistema complementare al sistema obbligatorio, ed è garanzia per i cittadini del diritto all’assistenza sanitaria in maniera paritaria, è evidente che questi elementi pongono le mutue in situazioni di disparità e di inferiorità, rispetto ai costi, nei confronti delle assicurazioni. Il problema vero è che se non si affronta dal punto di vista legislativo la normativa a livello europeo le mutue rischiano molto. Proprio per questo, in questi anni, ci siamo mossi per definire uno Statuto Europeo; sembra che oggi ci siano degli spiragli proprio perché il primo scoglio è stato superato quasi del tutto.

Il Consiglio ha finalmente adottato lo statuto della società Europea, che è la premessa per arrivare alla definizione dello Statuto della mutualità, delle associazioni, delle fondazioni e della cooperazione.

Lo Statuto europeo è importante per definire i contorni giuridici delle mutue e, soprattutto, è importante per mettere gli Stati membri in condizione di legiferare sul piano fiscale per queste forme di Società. Per esempio, i problemi di concorrenza tra le assicurazioni private e le forme mutualistiche possono venire meno in conseguenza di una richiesta sempre maggiore dell’intervento dei singoli alla copertura di questi costi. Tutti i paesi si sono fatti forti dei ticket e delle forme di partecipazione al costo delle prestazioni; il sistema mutualistico è sperimentalmente uno strumento positivo.

Il parlamento Europeo si è fatto promotore di un rapporto di iniziativa, votato nel Novembre 2000 in aula (prendendo spunto dal caso della mutualità francese nei confronti delle assicurazioni private) per riconfermare la necessità che, anche a livello europeo, si vada nella direzione di definire, dal punto di vista giuridico, gli elementi che ricordavo prima, ma soprattutto di promuovere e sostenere queste forme di società.

La Commissione si è impegnata a pubblicare un Libro Bianco sullo stato dell’arte nei vari paesi e sulle proposte del Parlamenti agli Stati membri. Questo sarà la premessa per iniziative legislative, una raccomandazione o una direttiva, a secondo della condizione politica, agli Stati membri per intervenire, dal punto di vista normativo fiscale, con politiche di promozione e di sostegno del sistema mutualistico, avendo come punto di riferimento il diritto alla salute per tutti e un servizio di base universalistico.

L’impegno e l’obbiettivo fissati a Lisbona nel Marzo 2001 sono quelli di una economia più competitiva con la possibilità di creare piena occupazione in un contesto di coesione sociale.

L’obbiettivo è anche quello di reggere la competizione con gli altri sistemi mondiali, di favorire la crescita sostenibile, di creare nuova occupazione in una società rispettosa dei diritti dei lavoratori; tutto il problema della flessibilità va inquadrato in un sistema di garanzia di alcuni diritti fondamentali. Anche il nostro paese dovrà confrontarsi con queste scelte fatte a livello europeo, garantendo un contesto di coesione sociale.

È vero che sono diminuiti in questi anni i disoccupati ufficiali in Europa, da 20 milioni si è passato a 14 milioni, ma ci troviamo ancora di fronte a fenomeni di esclusione sociale e di povertà che sfiorano i 50 milioni di europei.

Garantire la non esclusione rispetto alle cure sanitarie di cui i cittadini hanno bisogno, soprattutto delle fasce più a rischio, anziani e disoccupati: questo è l’obbiettivo, questo è il lavoro che si sta facendo a livello europeo. Non c’è dubbio che questo resta un fatto volontaristico, se non c’è una spinta e una volontà degli Stati membri, che sono i maggiori responsabili della garanzia della coesione sociale e delle politiche dell’occupazione.

Molto dipenderà da quanto i cittadini sapranno organizzarsi per determinare le scelte che i Governi degli Stati membri dovranno fare.